L’antico convento di suore, con il tempo venne abbandonato e nel 1630 circa, venne costruita l’attuale chiesa.Descrizione: L’oggetto di devozione è la buca posta all’interno della chiesa dove la monaca sembra abbia dormito, pregato e fatto atto di penitenza durante il primo periodo della sua vita. Oggetto del culto, inoltre è il luogo stesso dove sorge il santuario. Nel fosso a buona distanza dalla chiesa vi è una grossa pietra con tre piccoli buchi a forma di tazze, dicesi fati dalla santa per raccogliere l’acqua.L’attenzione dei fedeli era talmente focalizzata lulla buca presente all’interno della chiesa con le relative pratiche religiose dal sapore paganeggiante, che le autorità ecclesiastiche si videro costretti a porre nel 1636 una cancellata per sbarrare l’accesso incontrollato alla chiesa Entrata in uso: nell’anno 1230 Luogo: Grotta, Altro
Ubicazione originaria del Santuario: Nel bosco di Montelovesco nei pressi del fiume Mussino Tipologia degli ex voto: Tavolette o lamine con iscrizioni, Tavolette dipinte, Oggetti di oreficeria, Figurine antropomorfiche, Oggetti vari, Fotografie, Altro Conservazione attuale: Vengono conservate all’interno della chiesa appesi ad una cancellata posta all’inizio della navata; periodicamente vengono tolti dal parroco perché troppo numerosi.
Il luogo è dedicato a S. Cecilia, un’eremita vissuta nei primi anni del XIII sec. che condusse una vita di contemplazione in una grotta ancora esistente nelle vicinanze dell’edificio, in cui la tradizione vuole che rimanga la traccia lasciata dal corpo della santa durante il riposo. Questa religiosa non subì mai un processo di canonizzazione ed il suo culto schiettamente popolare assai fervido fece sì che la Chiesa ufficiale ne accettasse la devozione. Angelini, uno storico del 1600, la chiama sorella del Beato Sperandeo, vissuto nel monastero di Camporeggiano. Quindi probabilmente di buona famiglia proveniente dai dintorni di Camporeggiano; ella forse per mancanza di un monastero femminile si risolse di ritirarsi in una grotta lì nelle vicinanze per condurvi vita eremitica. Si pensa che il suo esempio indusse altre giovani ad imitarla e il luogo divenne fervente centro di spiritualità femminile. Andando a leggere le memorie contenute negli archivi vescovili, è facile vedere come si sia messo sempre bene in evidenza che Cecilia ha il titolo di beata ed eremita, ma mai santa. La particolare confusione che evidentemente si ingenerò tra le masse popolari è messa bene in evidenza dal fatto che quando in epoca moderna si volle commissionare un quadro da esporre nella chiesa, il pittore riprodusse sulla tela la figura di S. Cecilia, la martire romana protettrice della musica. Numerose lettere da parte dei presuli invitarono a togliere dal dipinto la palma del martirio e gli strumenti musicali, i quali erano causa di ulteriore confusione nei fedeli, fino a che il quadro troppo logoro venne tolto dalla chiesa.Nel 1234 il vescovo Villano, prendendo atto della numerosa presenza di religiose ritirate in quei luoghi sperduti, si adoperò affinché nelle vicinanze fosse eretto un monastero femminile, S. Angelo di Cuti, il quale servisse da romitorio notturno. Nel 1257 una disposizione di Papa Alessandro IV ordina per motivi di sicurezza l’abolizione dei conventi femminili posti fuori dalla cinta muraria, così che le monache di S. Angelo vennero trasferite nel Convento del Paradiso.Dopo la morte della beata il suo corpo venne posto all’interno della chiesa, per poi essere trasferito nel monastero del Paradiso, successivamente insieme a quello della Beata Agatella passò nel convento di S. Benedetto. Da lì nel 1482 la badessa Francesca chiese ed ottenne dal duca d’Urbino e con il consenso di papa Sisto IV il trasferimento nel monastero di S. Spirito.La chiesa si ritiene costruita qualche anno prima dell’attiguo monastero, ma subì numerosi rifacimenti, anche sostanziali, come dimostra lo stemma degli Olivetani che campeggia sulla facciata indicante una ricostruzione dell’edificio fatta nel 1500, quando la chiesa venne loro affidata dopo che furono chiamati nel 1419 a vivere nell’Abbazia di Camporeggiano. Il culto santuariale in questo luogo sussiste ancora.
La chiesa ufficialmente non ha mai riconosciuto il culto nei confronti della monaca, ma ne ha accettato la devozione.
Papa Alessandro IV dispone la chiusura dei monasteri femminili posti fuori dalle cerchia murarie cittadine. Le monache di S. Angelo di Cuti che custodivano questo santuario si spostano al monastero del Paradiso, portando via con loro anche il corpo della beata.
Fu Papa Leone X a fare il cambiamento di cura spirituale.
Precedentemente la cura spirituale era stata affidata nel 1732, da Papa Leone X alle monache di Santa Chiara.
Località Camporeggiano, 06024 Camporeggiano PG, Italy