Eremita degli Arnolfi

La chiesetta dell’Annunziata, esemplata sul modello della ‘Porziuncola’ di Santa Maria degli Angeli, secondo la tradizione venne edificata dallo stesso Francesco ma molto più plausibilmente fu iniziata dai suoi successori quando l’esigenza di ospitare un numero sempre crescente di religiosi rendeva ormai insufficienti gli ambienti originariamente ‘ereditati’. Negli anni immediatamente successivi alla morte del Santo, Andrea Cesi, signore del luogo e fratello del beato Pietro Cesi seguace di Francesco, edificò un primo piccolo convento ai lati della chiesa con un refettorio posto di fronte a questa. I quattro corpi delimitavano così un chiostro detto ‘del beato Pietro’ dotato di un pozzo-cisterna. Alla permanenza nell’eremo di San Bernardino da Siena vengono ricondotti diversi lavori di ampliamento e ricostruzione effettuati nel XV secolo: la costruzione del convento propriamente detto, del Noviziato, degli annessi ambienti di Studio e del chiostro che dal santo prende il nome.Descrizione: Si conservavano: un ‘mantellus’ che il santo avrebbe portato a Cesi nel 1220-21, di ritorno da una missione in Terrasanta (oggi disperso). Una piccola ampolla di sangue custodita in un tabernacolino d’argento che un compagno di Francesco avrebbe raccolto all’Eremita mentre gli medicava le sacre stimmate durante un soggiorno del Santo Serafico avvenuto fra il 1225 e 1226. Il pluricentenario bosco di lecci contorti e piegati che costeggia la solitaria mulattiera conducente al santuario: secondo la tradizione gli alberi si sarebbero inchinati al passaggio del santo; una pianta in particolare, detta la ‘licina santa’, fortemente nodosa e ripiegata avrebbe offerto frequentemente sostegno al santo in preghiera. Reliquia: Tessuto, Sangue Luogo: Grotta, Bosco
Raccolta di ex voto: No

Un membranaceo proveniente dall’Eremita, datato 1230-39, “Legenda Choralis Umbra”, attesta che nel primo trentennio del XIII secolo esisiteva qui una comunità di Frati minori: la testimonianza documentaria conferma dunque, se non l’effettiva passaggio di Francesco a Cesi, almeno la precocissima presenza nell’eremo di un gruppo di francescani. L’eremo di Cesi ha rappresentato per moltissimi secoli un baluardo della continuità e della fedeltà al più rigoroso messaggio francescano delle origini e si pregia di aver ospitato alcuni fra i più illustri difensori dell’osservanza come i beati Gentile da Spoleto e Paoluccio Trinci nel Trecento, i santi Bernardino da Siena e Giacomo della Marca nel Quattrocento. Nel Cinquecento si riconfermò nella sua vocazione alla genuinità della dottrina di Francesco con l’ospitalità che offrì fin dall’inizio ai primi Riformati. Nel Seicento e nel Settecento numerosi noti religiosi scelsero l’Eremita come luogo di preghiera: Antonio da Nocera, Pietro da Montefranco, Antonio da Bagnaia, il beato Leopoldo da Gaiche, solo per citarne alcuni. Durante le vicende della soppressione francese, prima di subire i danni di tale evento, l’Eremo ospitò il Giovane Francesco Possenti (futuro San Gabriele dell’Addolorata) qui ritiratosi per consigliarsi con suo zio fra Fedele da Terni circa la sua scelta religiosa . La soppressione coinvolse presto anche il convento che, dopo vari sfortunati passaggi di proprietà, cadde in totale abbandono fino al 1991, quando grazie alla tenacia di un francescano Padre Bernardino, il complesso è stato restaurato ed è tornato ad essere ritiro di alcuni religiosi. La tradizione vuole che durante una sua permanenza all’Eremita Francesco abbia composto l’“Exhortatio ad laudem Dei” primo abbozzo, in versi sciolti latini del futuro “Cantico di frate Sole”; è documentato che il testo dell’Exhortatio alla fine del XV secolo era scritto su di una tavola posta come antipendio dell’altare della cappella di San Francesco. Una quasi interrotta tradizione orale radicata nel romitorio di Cesi, oltre che ponderate considerazioni filologiche, contribuiscono a rafforzare l’attribuzione di questo testo al padre Serafico. Nei decenni successivi alla morte di Francesco all’Eremita di Cesi è documentata la presenza di alcuni fra i più fedeli compagni del Padre Serafico, come frate Leone, frate Egidio. Il luogo divenne così solitario rifugio dei più accesi sostenitori della povertà assoluta, tanto che nei processi inquisitoriali svoltisi negli anni 1329-1330, nell’Umbria Meridionale sono ricordati tre conventi: Sant’Illuminata, la Spineta e l’Eremita di Cesi. La forte fedeltà alla purezza delle origini dell’ordine coltivata nell’eremo di Cesi è testimoniata anche da un altro evento, documentato dalla bolla “Bonorum Operum”, emanata da Clemente VI il 13 dicembre 1350 in virtù della quale l’ardente seguace dell’osservanza fra Gentile da Spoleto ottenne anche il suddetto romitorio tra i quattro conventi in cui praticare la più letterale spiritualità primitiva. Questa parentesi gentiliana durò quattro anni. Il 28 luglio del 1373, papa Gregorio XI, con la Bolla “licterae Solemnes” concesse al movimento di Frà Paoluccio Trinci 11 conventi ‘poveri e solitarij’ tra cui l’Eremita di Cesi. Il 23 maggio del 1291 papa Niccolò IV concedeva un’indulgenza a tutti coloro che avessero visitato il piccolo convento definito in questa occasione dallo stesso pontefice “Eremitae Arnulphorum”.

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