San Michele Arcangelo

Chiesa romanica (quanto rimane di complesso abbaziale benedettino) costituita da due edifici. Il più antico (forse costruito sui resti della precedente chiesa longobarda) risale al XII sec, il secondo, collegato al primo attraverso un corridoio che immette nella zona presbiteriale, doveva già esistere alla fine del XIV secolo (epoca dell’affresco più antico presente in questa seconda chiesa).Descrizione: Due ferri, di dimensioni diverse, simili a punteruoli col manico di legno: con quello più grande si “cocevano” sulla fronte, dopo averlo infuocato, i cani (fondamentali in un paese di cacciatori) specialmente quando nei dintorni si era manifestato qualche caso di idrofobia. Con l’altro ferro, più piccolo, si bruciavano le persone, ai polsi dopo averlo scaldato e bagnato nell’olio della lampada che ardeva davanti all’immagine di San Michele, per preservarli dai morsi pericolosi. Epifania: Epifania di San Michele Arcangelo. Tipo: Oggetto del culto non classificabile come immagine o reliquia
Raccolta di ex voto: Dato non disponibile

La presenza di una radicata venerazione verso l’Arcangelo è testimoniata da alcuni affreschi, databili al XIV secolo, dipinti in diversi punti del nucleo più antico dell’edificio, che lo rappresentano nella sua duplice accezione di uccisore del drago (con la lancia e l’animale ai piedi) e di psicopompo (con la bilancia in mano). Il fatto che la festività di San Michele si celebri a Schifanoia l’otto di maggio, secondo il calendario longobardo spingerebbe ad ipotizzare un’origine del culto molto antica. La venerazione popolare verso l’Arcangelo è tutt’oggi fortemente viva e diffusa in questi territori. La chiesa attraversò un periodo di forte decadenza e abbandono in conseguenza delle vicende della soppressione postunitaria ma la venerazione e l’utilizzo dei due ferri ‘magici’ donati, secondo la leggenda, direttamente dall’Arcangelo, rimase inalterata fino ai primi decenni del secolo XX. Dopo la seconda guerra mondiale la ‘pratica’ taumaturgica legata all’uso dei ferri venne lentamente meno ma parallelamente rinacque l’interesse per l’edificio religioso: la chiesa, il cui disastroso stato d’abbandono l’aveva ridotta a ricovero per animali, venne riaperta e il suo imponente patrimonio di affreschi accuratamente restaurato. Gli abitanti di Schifanoia raccontano che San Michele, alla guida di un carro trainato da buoi, arrivò al vicino paese di Sant’Urbano nei boschi della campagna narnese, dove chiese di essere ospitato ma la popolazione lo respinse. L’Arcangelo proseguì il suo viaggio, traversò la montagna e arrivò a Schifanoia in una sera di maggio, lasciando sulla roccia i solchi delle ruote infuocate del suo carro, che , si tramanda, ancora oggi si vedono impresse nella roccia insieme alle tracce delle zampe dei tori. Nel paese il Santo venne accolto con timoroso rispetto e prima di ripartire donò agli abitanti, in segno della sua gratitudine, due ferri “per cocere li cristiani e le bestie”. Sul punto dove si sarebbe fermato San Michele fu edificata la chiesa ove si custodirono originariamente i due ferri misteriosi.

05035 Schifanoia TR, Italy
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