San Saturnino

Il santuario era ubicato nell’ambito del complesso cimiteriale di Trasone, dove erano anche altri luoghi di culto (vedi Crisanto e Daria, Giasone e Mauro, 62 martiri soldati). Le uniche notizie della chiesa ci vengono da Antonio Bosio, che nel 1594 vide avanzi delle pareti della chiesa a circa 1200 metri da Porta Collina (P.Salaria), a sinistra della strada. Dentro la chiesa c’era una scala che portava nella catacomba sottostante ed aveva la volta decorata con racemi vitinei in stucco (Bosio, p. 481). Nel 1551, alcuni resti della chiesa sono rilevati nella pianta del Bufalini, con la didascalia S.CITRINA (Frutaz, tav. 190). Nel marzo del 1629, il Torrigio vide le rovine e descive una tribuna semicircolare e le mura e la porta della basilica; dice anche che era lunga ca. 12 metri e larga poco meno; vide anche l’accesso alle catacombe sottostanti (Ferrua, Visite, pp. 31-45). Sappiamo anche che la chiesa fu restaurata da Adriano I (L.P. I, 509) e, successivamente, da Gregorio IV, intorno all’828 (L.P. II, p. 74), il quale la ornò anche di pitture.Descrizione: L’oggetto del culto era la tomba del santo, che si trovava in una basilica eretta nell’area della catacomba di Trasone (nota anche come coemeterium Trasonis ad Sanctum Saturninum), attestata almeno dal VI secolo e ora del tutto scomparsa. Nel documento più antico su questo santuario, la Depositio martyrum, si dice semplicemente che Saturnino era deposto in (coemeterio) Trasonis. Il culto sulla tomba di Saturnino era dunque anteriore al 354; il santo, del quale è possibile ricostruire la personalità storica (infra), fu martirizzato probabilmente nella persecuzione di Decio o, più probabilmente in quella di Valeriano, anche se non sappiamo se la sua tomba divenne immediatamente oggetto di culto. Entrata in uso: tra l’anno – e l’anno 354 Tipo: Oggetto del culto non classificabile come immagine o reliquia
Raccolta di ex voto: No Ubicazione originaria del Santuario: Può considerarsi, in senso lato, un ex voto il carme dedicato da Damaso al santo e posto presso la sua tomba (Ferrua, Epigrammata, pp. 188-190).

Il santuario è attestato per la prima volta nella Depositio martyrum. Esso era ancora in vita alla fine del XIII secolo, come dimostra una bolla di Nicolò IV del 1289, nella quale si concedeva una certa indulgenza ai visitatori (cfr. infra). Tuttavia, sappiamo che Sergio II (844-847) trasferì alcune reliquie del santo, insieme a quelle di un altro presunto martire dello stesso santuario, Sisinnio, nella chiesa di Santa Maria Dominae Rosae in Castro Aureo. Nel Catalogo di Torino (1313 ca.) si dice che l’ecclesia Sancti Saturnini non habet servitorem. La passio di Saturnino è inserita nelle Gesta Marcelli, uno scritto agiografico di VI secolo, comprendente però una parte più antica di V secolo (Acta Sanctorum, Ianuarii, 2, pp. 370-371). Vi si narra che Saturnino, ormai senex, era costretto a lavorare con un compagno Sisinnio alla costruzione delle Terme di Diocleziano. Condannati al morte per la loro fede cristiana, i due vengono decapitati sulla via Nomentana. I loro corpi furono raccolti da un certo Trasone che li seppellì in un suo fondo della via Salaria. L’esistenza storica di Saturnino è comprovata dal fatto che lo si nomina in due lettere contenute nell’epistolario di Cipriano di Cartagine (Epistole 21, 22:CSEL, II, p. 529). Era un Cartaginese, che aveva subito le torture per la sua fede nella città africana nel 250, durante la persecuzione di Decio. Giunto in esilio a Roma, dove fu accolto dalla comunità locale (in partcolare da due cristiane, Numeria e Candida); a Roma dovette poi morire, sotto Decio o forse sotto Valeriano. Papa Damaso conosceva quaeste vicende, dal momento che ne fa menzione nel suo carme epigrafico. Alcune reliquie di Saturnino furono traslate, non si sa con precisione quando, nella chiesa celimontana dei Santi Giovanni e Paolo; nel 1726, il cardinale titolare Paolucci ne eseguì la ricognizione ufficiale. In una bolla di Nicolò IV del 13 dicembre 1289 si concede l’indulgenza a coloro che visitavano la chiesa nel giorno della festa del martire: (J.P.Kirsch,Die Coemeterien der Salarischen Strasse im XIII Jahrundert, in Roemische Quartalschrift, 1888, pp. 207-208). Il santuario ed il cimitero dovevano dipendere probabilmente da uno dei tituli urbani, anche se questa giurisdizione non è ufficialmente attestata. Nella sopracitata bolla di Nicolò V, si fa riferimento ad un monastero di benedettini che aveva in cura il santuario.

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