Santa Maria della Gloriosa

La facciata della chiesa presenta un sobrio portale con arco ribassato e due lesene con mensole aggettanti in pietra calcarea, oltre ad un rosone ottagonale con colonnette in pietra chiara poggiate su basi quadrate. Nella navata principale è documentata la presenza di camere mortuarie, mentre ad una quota più bassa esiste una grotta scavata nel masso arenaceo e successivamente inglobata nelle strutture di fondazione della chiesa. Quest’ultima è a tre navate absidate, impostate su pilastri e suddivise in quattro campate di cui l’ultima, prossima alle absidi, è molto più ampia, quasi a voler delineare una sorta di transetto: tale pianta ripropone in forme più ridotte lo schema dell’abbaziale di Banzi. La tipologia è pertanto riferibile ad un ambito benedettino cassinese-campano, che recupera tradizioni costruttive locali più antiche. La datazione è probabilmente da porre tra la fine dell’XI e la prima metà del XII secolo. Un autore locale afferma che sul primo arco sinistro della chiesa esisteva un’iscrizione che riportava la data del 1103. Al secolo XVIII risale la costruzione della nuova facciata e del campanile a vela. Completamente rifatte, in tempi molto recenti, le coperture e la voltina a sesto ribassato della navata centrale, che hanno sostituito una copertura probabilmente lignea formata da capriate e da un tavolato, decorato nella navata centrale da riquadri con rosette in mezzo. L’intervento di restauro del 1955 ha determinato la parziale occlusione dell’abside maggiore.Descrizione: Probabilmente, l’originario oggetto di culto era costituito da una tavola lignea recante l’immagine della Madonna col Bambino. Successivamente fu realizzata l’attuale scultura lignea raffigurante la Vergine seduta in trono col Bambino sulla gamba sinistra, il quale con la destra benedice e con la sinistra regge un cartiglio con su scritto: “Ego sum lux mundi”. La mano destra della Vergine è sollevata e spinta in avanti con il palmo rivolto verso l’alto: nel passato reggeva un globo. Il capo è coperto da una tunica azzurra che scende fino ad avvolgerle tutto il corpo. Le vesti sono dipinte di rosso con bordature dorate sul collo e sulle maniche. Una cintura annodata in vita scende fino ai piedi della statua, dividendo in due la composizione. Anche il Bambino veste una tunica rossa ed un vestito dorato, con la cintura annodata sulla vita. Il trono, con due ordini di finestrelle su entrambi i lati, è ornato con pomi e decorato con motivi ad archetti. La composizione, tipica della cultura tardomedievale lucana, può essere datata ad un periodo compreso tra la fine del secolo XIII e la prima metà del XIV. Entrata in uso: tra l’anno 1270 e l’anno 1350 Immagine: Statua
Ubicazione originaria del Santuario: Appesi alle pareti interne. Note sulla raccolta: Un cenno all’antica raccolta, oggi dispersa, si trova in una lettera del 30 gennaio 1937 indirizzata da mons. Alessandro Macchi, vescovo di Como, all’arciprete di Montemilone don Vincenzo Merra, dove si fa riferimento agli affreschi del santuario sui quali «stavano appiccicati calzoni imbottiti di paglia, scarpe dei reduci della guerra, quadri e quadretti, camicette e calzoncini di bambini, puliti però ecc. ecc. Tutti ex voti, a dimostrare grazie ricevute dalla Madonna.» I devoti, inoltre, hanno sempre usato donare oggetti di oreficeria. Tipologia degli ex voto: Oggetti di oreficeria, Oggetti vari, Altro Conservazione attuale: La raccolta è oggi dispersa.

Secondo la tradizione locale il culto alla Vergine sarebbe stato introdotto da alcuni monaci italogreci, i quali avrebbero scavato anguste celle intorno alla collina su cui sorge il santuario, dando così vita ad un insediamento lauriotico incentrato intorno alla grotta in cima all’altura, forse dedicata a S. Lorenzo, sulla quale più tardi sarebbe sorto l’edificio sacro. La presenza bizantina sarebbe attestata da alcuni elementi, come il nome della valle che circonda il santuario, detta Valle dei Greci. La chiesa stessa nel passato serbava segni riconducibili alla liturgia bizantina, come la raffigurazione del santo diacono Lorenzo -oggi scomparsa – sulla parete della navata sinistra nei pressi dell’abside. Successivamente il santuario divenne dipendenza dell’abbazia benedettina di Banzi. Esso sembra identificabile con la chiesa di S. Maria de Incluso o Recluso nel territorio di Montemilone, citata in molte carte dell’abbazia: già in un documento del 1063, in verità falso, apparirebbe tra le tenute restituite dai feudatari ai monaci. In seguito alla persecuzione iconoclasta, prima di fuggire i monaci italogreci dimoranti nella Valle dei Greci avrebbero nascosto la statua della Vergine in una nicchia da loro ricavata nella roccia della collina. Dopo qualche tempo si ritrovarono nella zona due mandriani, uno di Montemilone e l’altro di Minervino, che conducevano al pascolo gli animali loro affidati. Essi scoprirono la grotta e la statua in essa nascosta che ciascuno di loro voleva portare al proprio paese. Per risolvere la controversia essi decisero allora di porre il simulacro su di un carro tirato da buoi, lasciando così la decisione in mano alla Vergine stessa. Ma i buoi, giunti al bivio delle vie che conducevano ai due paesi, anziché scegliere per una direzione o l’altra, ritornarono al luogo del ritrovamento, dove fu poi costruito il santuario. Secondo la tradizione locale, non sufficientemente suffragata da documenti attendibili, il santuario sarebbe originariamente appartenuto ad una comunità di monaci italogreci per divenire successivamente dipendenza dell’abbazia benedettina di Banzi. Il santuario, infatti, sembra identificabile con la chiesa di S. Maria de Incluso o Recluso nel territorio di Montemilone, citata in molte carte dell’abbazia: già in un documento del 1063, in verità falso, apparirebbe tra le tenute restituite dai feudatari ai monaci. Nel 1090 sarebbe poi stato confermato in possesso del monastero bantino dai figli del Guiscardo, nel 1102 e 1106 da papa Pasquale II e nel 1151 da re Ruggero. Nel 1729 la comunità carmelitana risulta estinta: nei verbali della visita pastorale effettuata in quell’anno si legge infatti che il vescovo del tempo, mons. Antonio Pacecco, aveva unito il santuario alla chiesa parrocchiale di S. Stefano. Fra il XV ed il XVI secolo il santuario avrebbe perso il legame con Banzi e accanto ad esso si insediò una piccola comunità di carmelitani. Testimonianze della presenza di quest’ultimi sembrano essere l’intitolazione della chiesa a S. Maria del Carmine, riscontrata in alcune visite pastorali del secolo XVIII, e un antico quadro scomparso, nel quale veniva richiamato uno dei privilegi dell’abitino del Carmelo. In epoca imprecisata il santuario divenne dipendenza dell’abbazia benedettina di Banzi. Esso sembra identificabile con la chiesa di S. Maria de Incluso o Recluso nel territorio di Montemilone, citata in molte carte dell’abbazia: già in un documento del 1063, in verità falso, apparirebbe tra le tenute restituite dai feudatari ai monaci. Nel 1090 sarebbe poi stato confermato in possesso del monastero bantino dai figli del Guiscardo, nel 1102 e 1106 da papa Pasquale II e nel 1151 da re Ruggero. Secondo la tradizione locale, non sufficientemente suffragata da documenti attendibili, il santuario sarebbe originariamente appartenuto ad una comunità di monaci italogreci.

85020 Montemilone PZ, Italy
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