Santa Maria della Spina

Chiesa a due navate con terminazione rettilinea. La facciata (lato ovest) ha tre guglie sormontate da tabernacoli con figurine di santi. Nell’edicola centrale una Madonna col Bambino che, in seguito ai restauri del 1993, pare attribuibile a Giovanni Pisano. In corrispondenza delle due porte, fiancheggiate da sei formelle quadrate di marmo rosa, ci sono due rosoni. La galleria di apostoli sul lato meridionale fu forse inserita al momento dell’arrivo della Spina, nel 1333, come anche i quattro tabernacoli da cui è sovrastata, che contengono figure maschili e sormontate da puttini. Il raccordo con la facciata è costituito da edicole simmetriche poste su pilastri d’angolo con due angeli adoranti. Il raccordo col corpo orientale risulta incoerente con la decorazione architettonica delle loggette. Il loggiato, cui corrisponde all’interno una serie di volte a botte, è costituito da archi a tutto sesto trilobati, sormontati da timpani traforati. Gli apostoli, secondo Emilio Tolaini, sono da attribuire alla taglia di Giovanni Pisano come tutte le altri parti scultoree, eccettuate quelle degli ordini superiori e la loro ispirazione sarebbe da rinvenire in ambienti senesi. Questo nonostante l’approvazione dei lavori del 1322 citi tra i progettisti anche Lupo di Francesco, del quale però non si conoscono opere di attribuzione certa. Le statuette che si trovano sulla sommità dei timpani furono quasi tutte sostituite nel 1871. Nella parte inferiore, lato sud, si trovano una trifora, due quadrifore e due porte (l’antico accesso all’edificio era sulla destra di questo lato, a contrassegnarlo è rimasto un rosone). Lo stemma Gualandi forse ricorda che per l’ampliamento del XIV secolo fu necessario l’assenso della famiglia all’abbattimento della loggia. La parte orientale , o posteriore, in origine fu prevista aperta con tre trifore ma fu in effetti realizzata con monofore archiacute per sostenere meglio la spinta delle guglie. L’unico raccordo di questa parte con la facciata è rappresentata dalle edicole. Quelle che coronano i timpani della facciata e le figure contenute in esse sono di una fase successiva dei lavori. Sulla sommità delle tre cuspidi orientali una Madonna col Bambino -oggi in copia- e angeli laterali, forse opera di Nino Pisano, che lavorò al cantiere alla fine degli anni Sessanta del Trecento. Quest’opera appare legata all’edicola del Cristo in facciata da un timpano fiorito archiacuto. Un’altra Madonna con il Bambino, opera di Giovanni di Balduccio, si trova sotto l’edicola d’angolo tra il lato degli apostoli ed il prospetto orientale, ma appare poco coerente col resto ed è forse parte di un complesso smembrato. La discontinuità si riscontra anche negli ordini inferiori. Interno suddiviso tra lo spazio del coro -soprelevato e coincidente con l’antico oratorio – e la navata, frutto dell’ampliamento trecentesco. Secondo altri studiosi l’ampliamento trecentesco sarebbe consistito quasi in un raddoppiamento verso l’Arno dell’edificio precedente, forse a loggia, con i lati lunghi paralleli al fiume e nell’aggiunta di un corpo orientale ad uso di presbiterio largo quanto la nuova navata. I due settori sono separati da tre archi. Soffitto a capriate, in legno, dipinte da Nicola Torricini. L’attuale altare maggiore risale al 1521 ed ospita la Madonna della Rosa a figura intera in marmo con tracce di policromia attribuibile ad Andrea e Nino Pisano. Alle pareti del coro statue di San Pietro -a destra- e San Giovanni -a sinistra- a figura intera, in origine poste a fianco della Madonna della Rosa.Descrizione: Spina della corona di Cristo. Si tratta di un ramo legnoso e pungente lungo circa 8 cm. comprendente due fusti tra due nodi con quattro spine. Sia esso che la spina conservata nel Duomo di Pisa appartengono alla specie zizyphus nota in Toscana come zizzolo. Questi rami spinosi e pungenti dovevano ricoprire la testa di Cristo come un casco e le loro estremità si congiungevano in un serto di giunchi che circondava la testa. Oggi la Spina si trova in un tabernacolo dorato e argentato presso la chiesa dell’ospedale di Santa Chiara. Entrata in uso: tra l’anno 1266 e l’anno 1333 Reliquia: Altra Tipo: Oggetto del culto non classificabile come immagine o reliquia
Raccolta di ex voto: No Tipologia degli ex voto: Altro Conservazione attuale: Se gli ex voto antichi esistevano, ad oggi sono completamente dispersi. Da qualche anno, tuttavia, la Spina, oggi conservata nella chiesa di Santa Chiara, conosce una nuova stagione di culto: numerosi bigliettini vengono infatti gettati dai fedeli al di là del vetro che la protegge (insieme ad un crocifisso ligneo trecentesco). Si tratta delle richieste di grazie e miracoli effettuate soprattutto dai parenti dei degenti ricoverati nell’Ospedale di Santa Chiara, presso il quale si trova la chiesa che custodisce la reliquia.
I miracoli sono attestati da postille a margine poste sui messali appartenuti all’oratorio.
Nel 1333 fu traslata la Spina miracolosa nell’oratorio di Santa Maria del Ponte Novo. La reliquia, nel 1948, fu traslata nella chiesa parrocchiale di Santa Chiara, presso l’omonimo ospedale pisano. La traslazione della reliquia, effettuata a causa delle pessime condizioni dell’oratorio di Santa Maria, depone a favore del fatto che il culto intorno alla Sina non dovesse essere particolarmente fiorente già da tempo. Questa scheda è stata compilata da Roberto Boldrini e Marco Frati. Concesse da Giovanni XXII (1316 – 1334) e dall’arcivescovo Simone Saltarelli (1323 – 12342). Nell’oratorio era presente anche l’Opera di Santa Maria della spina, almeno dalla fine del Trecento. Essa esercitava il patronato sull’ospedale dei Sardini e sull’ospedale di ser Ugolini di Vignale. Nel 1580 le sue rendite furono unite a quelle dell’ospedale dei Trovatelli, privando così l’Opera della Spina delle entrate che avevano permesso i lavori di manutenzione e di arredo nel corso del XVI secolo. Il deterioramento della gestione dell’ospedale dei Trovatelli indusse nel 1683 Cosimo III a sopprimere l’Opera assegnandone i beni all’Ospedale dei Trovatelli. L’Ospedale dei Trovatelli nel 1784 fu inglobato, per volontà di Pietro Lepoldo, nell’Ospedale Nuovo (in seguito Spedali Riuniti di Santa Chiara) nel 1784.

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