Santa Maria delle Grazie

L’interno della chiesa è un vano rettangolare con tribuna rinascimentale, arricchita da terracotte robbiane. Chiostro a doppia loggia, contemporaneo alla chiesa. La facciata è preceduta da un piccolo portico su pilastri. I locali annessi alla chiesa furono in un primo monento i locali della fattoria ospedaliera, dopo l’arrivo ei vallombrosani furono trasformati in monastero. I locali furono molto rimaneggiati tra XVI e XVIII secolo.Descrizione: Si tratta del masso dove apparve la Madonna e che è ubicato dietro l’altare. Le testimonianze inconografiche presenti nel santuario sono, comunque, prevalentemente di soggetto mariano. Entrata in uso: tra l’anno 1428 e l’anno 1432 Epifania: Madonna. Luogo: Altro
Raccolta di ex voto: Dato non disponibile
Raccolta di don Giacomo da Pratovecchio, monaco Vallombrosano (XVII sec. Pubblicata parzialmente in Apparizione della SS. Vergine 20 maggio 1428 a Santa Maria delle Grazie-Stia Arezzo. Narrato secondo i documenti dell’epoca, Firenze, Industria Tipografica Fiorentina, 1943.
Il santuario fu eretto grazie alle donazioni dei fedeli su un terreno donato dall’Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, poiché precedentemente a quella data nel luogo vi era una fattoria dell’ospedale fiorentino. La chiesa fu consacrata dal vescovo fiesolano Benozzo Federighi nel 1431. Si tratta di uno dei santuari mariani più importanti del Casentino. Nel 1428, anno funestato dal maltempo e dalle inondazioni, una contadina di nome Giovanna si recò nei campi, quando scoppiò un temporale. Si rifugiò in una capanna coperta da tronchi d’albero e cespugli, nella quale c’era un masso bianco. Su quel masso vide una grande luce e le apparve la Vergine che le disse di adoprarsi per far costruire una chiesa in Suo onore, altrimenti il maltempo non avrebbe avuto fine. La donna raccontò tutto alla cognata, che non le credeva, ma una colomba bianca entrò nella casa della cognata e scomparve. Mentre accadeva questo fenomeno, anche un pastore vedeva una grande luce nella capanna dell’apparizione. La leggenda è riportata da Girolamo da Raggiolo, pubblicata dai bollandisti tra i Miracula che seguono la Vita di Giovanni Gualberto. Per la diffusione del culto il parroco di Santa Maria delle Grazie, don Francesco Beni, istituì la Pia Unione della Congregazione di Santa Maria alle Grazie, i cui capitoli furono approvati dal vescovo Francesco Bronzuali il 6 maggio 1851. Questa scheda è stata compilata da Isabella Gagliardi. Le più importanti furono concesse da Eugenio IV nel periodo del Concilio di Firenze e dal vescovo diocesano Benozzo Federighi. L’oratorio faceva parte dei possessi dell’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze. Nel 1708, l’abate generale dei vallombrosani Colombino Bassi fece formale richiesta allo spedalingo del Santa Maria Nuova per istituirvi il monastero vallombrosano. I nulla osta vescovile e granducale giunsero nel gennaio 1709. La richiesta dei vallombrosani giungeva in un momento in cui il culto al Santa Maria delle Grazie attraversava un periodo di notevole flessione.I Vallombrosani abbandonarono il Santa Maria nel 1718, che ritornò così all’Ospedale di Santa Maria Nuova. L’Ospedale rinunciò al Santa Maria delle Grazie nel 1786 e ribadì la rinuncia nel 1868. Nel 1784 la parrocchia di Santa Maria Nuova fu dichiarata inamovibile dal vescovo Ranieri Mancini. Quando i vallombrosani si insediarono al Santa Maria delle Grazie, il pievano, i parroci e le popolazioni di Stia vollero dall’abate di Vallombrosa la garanzia che avrebbero potuto continuare a effettuare le loro processioni all’oratorio. Con atto del 28 maggio 1710 l’abate generale accondiscendeva alla richiesta e prometteva di accogliere i pellegrini ogniqualvolta si presentassero. Nel 1713 il vescovo di Fiesole Orazio Panciatichi istituì nel Santa Maria la curazia amovibile, con il titolo di prioria perché il sacerdote che la reggeva era monaco vallombrosano. Fino al 1703 sopravvisse anche la fattoria del Santa Maria Nuova.

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