Santa Sinforosa e figli

Nel corso del V secolo venne costruita, in asse con la cella tricora ma con orientamento inverso rispetto a quella, una basilica di 40 x 20 metri, a tre navate divise da pilastri. Nell’abside di questo edificio si apriva una fenestella corrispondente a quella aperta nel triconco.Descrizione: Al centro del culto erano le tombe di Sinforosa e dei suoi sette figli; E. Stevenson indica la presenza, nella zona dell’abside principale della cella tricora, di una fossa profonda ca. 2 metri, che poteva ricevere due sarcofagi: ipotizza che una abbia contenuto le spoglie di Sinforosa, l’altra quelle dei sette figli, che la la Passio dice martirizzati qualche tempo dopo la madre (per la Passio: BHL II, p. 1153, n. 7971). Reliquia: Altra Luogo: Altro
Raccolta di ex voto: No

La prima attestazione relativa all’esistenza del santuario è la menzione contenuta nel Martirologio Geronimiano (431-450), sebbene ad un periodo precedente (la fine del III secolo) riteneva lo Stevenson di poter far risalire la costruzione della cella tricora che avrebbe ospitato le spoglie dei martiri (cfr. infra, scheda Struttura). La chiesa non viene più menzionata dopo il 1200, anno nel quale un documento la ricorda fra le proprietà appartenenti al monastero di San Ciriaco. Una aggiunta al testo della Passio informa del fatto che le reliquie furono traslate da Stefano III (752-757) nella chiesa di Sant’Angelo in Pescheria. Alcuni hanno supposto che la chiesa possa essere stata incendiata nella metà del XIII secolo durante i combattimenti fra Roma e Tivoli. Nella Passio si narra che la martire Sinforosa venne sepolta dal fratello Eugenio in suburbano eiusdem civitatis Tiburtinae. Ancora la Passio informa sulla sepoltura dei figli, martirizzati qualche tempo dopo la madre; ad essi i cristiani diedero onorata sepoltura constructis tumulis cum omni diligentia. Secondo una tradizione, durante il pontificato di Stefano II (752-757) i corpi dei martiri sarebbero stati traslati in parte nella chiesa di Sant’Angelo in Pescheria e in parte nel Duomo di Pavia). In una bolla di Callisto II del 1124 l’ecclesia Sanctae Symphorosae figura fra i beni restituiti al monastero di San Ciriaco e risulta di proprietà dello stesso monastero ancora nel 1200. Possiamo ipotizzare che al monastero che aveva giurisdizione su questo santuario fosse affidata anche la cura spirituale.

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