Il santuario primitivo venne trasformato in un’aula con andamento NE/SO, lunga 15,50 e larga 7,12m, terminante con ampia abside e provvista, a livello superiore, di una galleria parallela al muro perimetrale NordOvest comunicante mediante un’apertura. La basilica è interamente rivestita in opera listata irregolare, con consistenti interventi di reintegrazione muraria eseguiti durante i restauri ottocenteschi del p. Marchi. Tale studioso, analizzando i caratteri architettonici del monumento (Marchi, cit. in bibl., 191-199; tav. XXXVIII), ritenne di poter riconoscere parti di un antico ninfeo riutilizzato dai cristiani, soprattutto nella serie di nicchie che caratterizzano la parte alta dei muri laterali, aventi piuttosto, si ritiene, funzione di sostruzioni cave contro le spinte del terreno (Spera, cit. in bibl.). L’edificio, tra l’altro, taglia i loculi delle gallerie retrostanti l’abside ed è stato perciò attribuito da R. Krautheimer all’intervento di papa Damaso. Una lettura dell’assetto architettonico-strutturale, condotta con il supporto delle fonti letterarie, ha suggerito piuttosto (Spera, cit. in bibl.) di riferire l’edificio martiriale al pontificato di Pelagio II (579-590), il quale dovette operare un consistente ampliamento dello spazio ad corpus, con la distruzione degli ambienti primitivi e la costruzione della basilica emergente parzialmente dal livello del terreno, visto che, come annotato dall’autore del De Locis (Valentini-Zucchetti II, 117), essa appariva al visitatore che si avvicinava al complesso da Sud-Est (con tale dato concorda il rinvenimento di un meccanismo di scolo durante lavori degli anni Settanta: U.M.Fasola, ‘Lavori nelle catacombe’, RACr 54 (1978), 10).
I restauri di Adriano I (772-795), ricordati dall’autore del Liber pontificalis (Duchesne, Lib. Pont. I, 509), secondo il quale il papa basilicam…mirae magnitudinis innovavit si ritrovano soprattutto nei muri perimetrali, pesantemente restaurati in questa fase.Descrizione: tomba/corpo Tipo: Oggetto del culto non classificabile come immagine o reliquia
Raccolta di ex voto: Dato non disponibile
La più antica attestazione del culto di Ermete è contenuta nella Depositio martyrum del Cronografo del 354, che ne ricorda la celebrazione del dies natalis il 28 agosto; Eginardo riferisce la traslazione delle reliquie a Gregorio IV (827-844), che le avrebbe riposte nella chiesa appena restaurata di San Marco. Oltre al fatto che questa traslazione è piuttosto dubbia, la presenza di un monastero dovette garantire una continuità di frequentazione del santuario, dove, tra l’altro, nel XII secolo venne creata una cappella, utilizzando un settore della parte alta della basilica.
E’ connesso con la leggenda di fondazione, riecheggiata anche nella passio del martire (Acta Santorum, Mai, I, Parisiis 1866, pp. 375-378), il tema sviluppato nei versi dell’epigrafe damasiana, che presenta il martire proveniente dalla Grecia e divenuto cittadino romano con il sangue del martirio.
Al santuario di Ermete venne in un epoca imprecisabile, presumibilmente nell’altomedioevo, affiancata una struttura monastica. Se pure risulta ipotetica l’appartenenza a questo dell’Eugenius praepositus mo(nasterii) s(an)c(t)i Hermetis sepolto a San Saba nel VI secolo (ILCV 1660; vd. A.Bacci, ‘Di alcune iscrizioni sepolcrali dell’oratorio di S. Silvia in S.Saba’, Nuovo Bullettino di Archeologia Cristiana 13 (1907), 30-38), più esplicita sull’esistenza del monastero appare la notizia contenuta nel Catalogo di Torino, secondo la quale ecclesia Sti Hermetis extra muros non habet servitorem (Valentini – Zucchetti IV, 293; Ferrari, Monasteries, 152-155; L. Pani Ermini, ‘Testimonianze archeologiche di monasteri a Roma nell’Alto Medioevo’, ArchRomPatr, 104(1981), 20).
Via Salaria, Roma, Italy
Sant`Ermete
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