Raccolta di ex voto: Dato non disponibile
Nel 1558 Paolo IV donò alla Compagnia della Santissima Trinità dei Pellegrini e Convalescenti, già ufficialmente riconosciuta da una decina d’anni, l’affresco rappresentante l’immagine della Madonna nel muro esterno di Palazzo Capranica in via della Valle. Tale immagine godeva di un culto particolare poichè aveva attributi miracolosi. L’11 luglio del 1562 Pio IX, con il consenso della famiglia Capranica, concesse al cardinale Otto Truchsess von Waldburg, protettore della Confraternita di staccare il dipinto dal muro di Palazzo Capranica e di intronizzarlo nella chiesa di San Benedetto in Arenula, che era stata concessa alla Confraternita come luogo di preghiera e riunione dal 1558. La relazione della visita canonica compiuta nel 1566 informa che l’immagine, anche nella nuova sede, continuava a tener fede alla sua fama miracolosa: onde intorno è piena di voti d’argento e intorno la chiesa dei muri vi sono appesi infinitissimi voti di cera, et infinite tavole di voti, similmente dipinte. (cfr. Vasco Rocca, Santissima Trinità dei Pellegrini, p. 100). L’immagine si trova al centro dell’altare della Cappella della Madonna Auxilium Christianorum e dei santi Giuseppe e Benedetto. Nel 1540 per iniziativa di san Filippo Neri un gruppo di laici cominciò a riunirsi nella chiesa di San Girolamo della Carità animato da intenti religiosi e caritatevoli. In breve la comunità crebbe notevolmente e nel 1548 la Confraternita fu riconosciuta ufficialmente sotto il nome della Santissima Trinità del Sussidio. L’attività dei confratelli si concretizzava in diverse forme che prefiguravano l’istituzione dell’Oratorio. Nel 1550 la Confraternita si incaricò, su consiglio di san Filippo Neri, di una mansione che ben presto divenne la sua principale. i confratelli si presero il dovere di accogliere ed assistere i pellegrini che durante il loro soggiorno a Roma erano privi di alloggio e di assistenza. Per il giubileo del 1550 l’affluenza di pellegrini fu altissima e la congregazione si distinse nella sua opera di assistenza e accoglienza. Nel 1558 le molteplici benemerenze della Compagnia fecero decidere Paolo IV a concedere in perpetuo alla Confraternita l’uso di San Benedetto in Arenula. Nel 1559 la Confraternita acquistò nei dintorni una casa da adibire a ospedale-ospizio. Nel 1562 la Confraternita fu eletta al rango di Arciconfraternita. Nel volgere di breve tempo i meriti e le iniziative dell’arciconfraternita si moltiplicarono e nel 1573 Gregorio XIII le concesse un altare privilegiato sotto il titolo di san Gregorio Magno,a ccordando inoltre la facoltà di liberare una volta l’anno, in occasione della solennità della trinità, un condannato a morte che non si fosse reso colpevole di colpe particolarmente gravi. Secondo il Muratori in occasione del giubileo del 1575 l’ospizio alloggiò circa centoventimila pellegrini e sessantamila convalescenti e varie congregazioni straniere. La solerzia e l’efficienza dell’arciconfraternita impressionarono favorevolmente anche san Carlo Borromeo, che in segno di gratitudine per i pellegrini milanesi concesse alla confraternita una rendita. L’opera di assistenza della confraternita proseguì per due secoli nel corso dei quali essa raggiunse il suo massimo splendore. Nel corso del XIX secolo l’arciconfraternita vide il suo graduale impoverimento e il rallentamento delle sue attività, anche per gli avvenimenti politici che coinvolsero lo stato pontificio e che, tra l’altro, impedirono la celebrazione dei giubilei del 1850 e del 1875. Oggi l’attività della confraternita che riunisce una decina di confratelli si limita alle soli funzioni cultuali. Nel 1576 una Bolla papale del 1° aprile emanata da Gregorio XIII conferiva all’Arciconfraternita dei Pellegrini una serie di riconoscimenti e di indulgenze, estensibili anche a tutte le associazioni che si erano o si sarebbero aggregate a quella dalla Trinità. Con un Breve del 2 ottobre 1606 Paolo V annullava le precedenti indulgenze e grazie per concedere una nuova e nutrita serie di privilegi, (cfr Sommario delle indulgenze, Roma 1743). Tali indulgenze arricchite in seguito dai pontefici successivi furono confermate ancora da Pio VII con un Breve del 22 maggio 1821. (cfr. Vasco Rocca, Santissima Trinità dei Pellegrini, p. 12-13). Fino al 1601 coesistevano nella chiesa sia i confratelli che il parroco, perchè la chiesa era parrocchia. Poichè si verificavano frequenti divergenze tra la Confraternita e il parroco, il cardinal Montalto il 7 aprile 1601 soppresse la parrocchia con le clausole che nel sabato santo e in occasione delle feste dei santi Damaso e Lorenzo un prete assistesse alle funzioni dedicate ai due santi nella loro chiesa da cui la ormai ex parrocchia dipendeva e che una cappella dedicata a san Benedetto ricordasse nella nuova fabbrica il titolo dell’antica chiesa. Va ricordato che la chiesa di San Benedetto nel medievo era stata officiata dai monaci dell’abbazia di Farfa. Prima che la chiesa di San Benedetto fosse concessa alla confraternita dei pellegrini alcune famiglie romane avevano il giuspatronato su alcune cappelle esistenti all’interno dell’edificio sacro. Le famiglie erano tutte della zona ed erano i Capodiferro, i Matuzi, i Rosa, i Rocca e i Paloni.
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