San Giacinto

Nel Liber Pontificalis, ed. Duchesne, II, p. 13, r.42 e nel Regesto di Farfa, II, doc. 30, an. 747, si parla di basilica: non vi sono dati per definire la realtà architettonica relativa al termine.Descrizione: Oggetto del culto è la tomba del martire, il luogo ove è sepolto il suo corpo. Reliquia: Ossa
Raccolta di ex voto: Dato non disponibile

Oltre che nel Martirologio geronimiano, altre attestazioni sulla funzione di santuario si hanno nella Passio Sancti Iacinti, sec. IX (Mara 1964, pp. 94-109) e nel Regesto di Farfa, II, doc. 27, an. 747. Nel 1343 la chiesa di San Giacinto è in funzione come cappella; nel 1513 è già diruta. Il santuario potrebbe essere in disuso già dagli anni 997-1046, a seguito del trasferimento delle reliquie del martire a Farfa (Mara 1964, pp. 93 e 119). Secondo la Passio Sancti Iacincti (Mara 1964, pp. 94-109) il diacono Giacinto viene processato dal governatore Leonzio e, poichè non accetta di sacrificare agli dei pagani, viene condannato a morte. Sopravvissuto miracolosamente, riprende a predicare la religione cristiana; viene di nuovo arrestato e mandato a morte: il suo corpo viene pietosamente raccolto da una matrona, che lo seppellisce in un suo podere in Sabina, presso il luogo del martirio. Sul ruolo avuto dalla riscrittura delle passioni dei martiri sabini nel quadro delle strategie agiografiche farfensi: Susi 2000 (in particolare per San Giacinto pp. 68, 69, 76). Nella documentazione farfense dei secoli X e XI compare il solo agiotoponimo, senza indicazioni riguardo all’ente cui la chiesa di San Giacinto apparteneva; in un atto del 1011 è scritto terra Sancti Iacinti qui est de episcopio Sancte Marie in Foro Novo: è quindi possibile che la chiesa e i suoi beni a quell’epoca fossero stati assorbiti dalla diocesi foronovana, ma non sappiamo in che misura e in base a quali rapporti con l’abbazia di Farfa, cui l’imperatore Enrico V nel 1118 conferma la chiesa Sancti Hiacinthi in gualdo (Regesto di Farfa, V, doc. 1318). Nel 1343 San Giacinto è ancora in funzione come cappella dipendente dall’arcipresbiterale di Santo Antonino di Fara, di pertinenza della diocesi di Santa Maria di Vescovio (Tomassetti-Biasiotti 1909, p.76), mentre nel 1513 viene segnalata come diruta. Nel 776 la chiesa di San Giacinto si trova sotto la giurisdizione del vescovato reatino (Regesto di Farfa, II, doc. 97), anche se in una situazione di evidente ed aperto contrasto con l’abbazia farfense, specie per quanto riguardava il controllo sui beni patrimoniali legati alla chiesa ed al gualdo. Il dato relativo alla prima giurisdizione documentata è ipotetico: il Regesto di Farfa (II, docc. 10 e 11) attesta la donazione al monastero farfense, da parte del duca di Spoleto, del gualdo di San Giacinto, di cui la basilica dedicata al santo era probabilmente il centro giuridico. La documentazione, tuttavia, non specifica se la chiesa era compresa o meno nella donazione, e neppure a quale giurisdizione, o a quali giurisdizioni essa appartenesse prima e dopo la donazione stessa (potevano infatti esservi differenze fra la giurisdizione territoriale e quella spirituale). La prima notizia rinvenuta riguardo alla cura spirituale risale al 1343, quando San Giacinto è cappella dipendente della chiesa arcipresbiterale di Santo Antonino di Fara (Tomassetti-Biasiotti 1909, p. 76). Per le epoche precedenti non è possibile dire se la cura fosse tenuta dal clero secolare o dai monaci benedettini di Santa Maria di Farfa.

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