Raccolta di ex voto: No
La prima attestazione del santuario risale al pontificato di Giulio I, il quale, secondo il Catalogo Liberiano, edificò una basilica quae appellatur Valentini al II miglio della via Flaminia. Nel catalogo di chiese e abbazie di Pietro Mallio e Giovanni Diacono (XII secolo), si menziona la chiesa di S. Valentino iuxta pontem (Valentini-Zucchetti III, p. 294). L’abbandono del santuario va presumibilmente collocato nel corso del XIII secolo: nel Catalogo di Torino (1313-1339 ca.) la chiesa è detta in rovina ed il santuario in disuso (ecclesia S. valentini sine muris non habet clerum)(Valentini -Zucchetti, II, p. 294). Nella passio inserita nei Gesta Maris et Marthae (Acta Sanctorum, Ianuarii, II, Parisiis et Romae 1863, p. 582), si dice che il martire, condannato alla decapitazione al tempo di Claudio il Gotico, venne sepolto nello stesso luogo nel quale era defunto, da una matrona di nome Savinilla. Orazio Marucchi (p. 126) ipotizza che il cimitero e la basilica di San Valentino dipendessero dal titulus urbano di San Lorenzo in Lucina (vedi bibliografia). Da un’iscrizione dell’epoca di Giovanni IX (898-900) custodita nel portico di Santa Maria in Cosmedin, si apprende dell’esistenza di un monastero presso la chiesa di San Valentino. In una bolla di Agapito II del 955 si conferma il possesso di tale monastero alla chiesa di San Silvestro in Capite.
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