Santa Maria di Pontasso

Ingrandimento e consistenti modifiche alla navata centrale (risalente al Seicento) finanziati dal marchese Negrotto-Cambiaso di Codevilla, ultimo patrono della chiesa.

L’edificio attuale, di forma allungata, si presenta orientato lungo l’asse est-ovest, a una sola navata con piccolo abside quadrangolare, con tre aperture rivolte a nord. Analizzando la documentazione storica e la tessitura muraria emerge che la parte più antica corrisponde alla parte absidale e mediana dell’edificio liturgico.
Il coro, corrispondente alla primitiva cappella, è coperto da volta a botte, terminante sulla parete di fondo con una leggera arcuatura simile a un tentativo di catino absidale, appena abbozzato.
La copertura esterna era a capanna. La muratura perimetrale è prevalentemente di mattoni cotti, cementati con calce bianca durissima.


Il muro rivolto a est (ove si apre un oculo ovoidale) presenta alla base tre strisce di materiale lapideo irregolare: sassi, ciottoli (probabilmente di torrente) e pietre squadrate tagliate piuttosto rozzamente; questa stratificazione è più antica del paramento laterizio e si può supporre appartenga alla muratura del X secolo o addirittura precedente. Oggi è oscurata da una costruzione in calcestruzzo eseguita alla fine del 1975.
Evidenti le buche pontaie, necessarie all’epoca per innalzare il ponteggio man mano che cresceva la costruzione. Durante i lavori di restauro del XIX secolo, il tetto a capanna è stato eliminato e sostituito da una sopraelevazione in mattoni cotti di un metro, completata (al tetto ad una sola falda inclinato in direzione sud-nord) da altri 1,50 metri di mattoni crudi, il tutto col fine di ricavare un ripostiglio-legnaia per la casa adiacente.
Attualmente quest’ultima parte è in stato di completo abbandono ed evidenzia sfaldamenti notevoli insieme a lacune di uno o due mattoni in spessore; i mattoni crudi, purtroppo, si sbriciolano al solo tatto.
Un’enorme fessura taglia per il lungo la parte antica da cima a fondo, rivelandosi poi all’interno in corrispondenza della volta, pure fessurata per tutta la lunghezza, che presenta discontinuità nei conci di formazione.
Si è evitato il crollo tramite l’inserimento di una zeppa lignea che ripropone la continuità.
La parte presbiteriale fu risistemata nel XIV secolo: a pianta rettangolare (392 x 430), è coperto da volta a crociera, sormontato da tetto ligneo a capanna.
Esternamente si distingue dal resto della struttura per mezzo di due contrafforti sporgenti, su cui si imposta la volta interna.
Possiede una finestra ad arco acuto (frutto del restauro del XIX secolo) aperta sul versante nord dell’edificio.
La muratura (70 cm di spessore) è interamente di mattoni cementati tra loro con malta di calce, il tutto del medesimo tipo di quelli del coro.
Sono evidenti le due chiavi (applicate alla fine del secolo scorso) vincolate alla base degli archi interni, segno evidente dei cedimenti della struttura dopo soli quarant’anni dal restauro del 1858.
Sopra al contrafforte di nord-est si erge il piccolo campanile a vela, con arco acuto, scrostato e coperto di licheni. All’interno si conserva la campanella (altezza 60 cm) del 1760 con contrappeso insufficiente.
Purtroppo, il foro praticato nel tetto per lasciar passare la corda, ha causato pesanti infiltrazioni d’acqua all’interno, causando il distacco dell’intonaco e relative pitture.
Un’enorme fessura, segno di notevoli cedimenti della fondazione, è visibile all’interno. Segue l’andamento della parete di tamponamento applicata a sostegno della volta.
La navata sembra sia stata completamente rifatta durante i lavori di restauro del 1858, anche se i documenti d’archivio, in modo particolare la visita pastorale alla parrocchia di Sant’Antonino del 1591, attestano che la navata era già esistente all’epoca, con due cappelle laterali forse disposte su un unico lato.
L’ambiente trapezoidale è costituito da due campate coperte da volta a vela e possiede ancora copertura lignea con tetto a capanna facente corpo unico con quello del presbiterio, eccettuato il timpano di facciata che si erge di 2 metri oltre il livello del tetto. Su di esso spiccano decorazioni in cotto costituite da mattoni disposti in modo da formare motivi geometrici.
La muratura, benché non visibile, è di mattoni di 27 x 14 x 6, cementati con malta di calce mista a cemento. I muri vanno assottigliandosi man mano che si giunge in prossimità della facciata, passando da 70 fino a 65 cm circa. Questo fatto è spiegabile supponendo che durante i lavori di restauro, eseguiti in piena età romantica, si volesse cercare di rettificare la linea del paramento esterno. Infatti, considerando lo spessore dei contrafforti rispetto alle pareti sulle quali si appoggiano, si nota che esso decresce dal fondo (18 cm) per arrivare ridotto a pochi cm alla facciata. L’interno è costellato da numerosissime fessure soprattutto presenti sulle finestre e sull’imposta dell’arco di controfacciata, segno di cedimento di fondazione e della spinta delle volte.

Descrizione:
Statua della Beata Vergine Maria inserita in una nicchia dietro l’altar maggiore.

Entrata in uso:
tra l’anno 1895 e l’anno 1898

Statua Descrizione:
Statua della Beata Vergine Maria col Bambino rivestita di un prezioso abito di broccato filettato d’oro. In passato veniva portata in processione in occasione delle tre feste annuali del santuario: 25 marzo, 15 agosto e 8 settembre.

Entrata in uso:
tra l’anno 1400 e l’anno 1499

Epifania:
Beata Vergine Maria col Bambino

Immagine: Statua

Ubicazione originaria del Santuario:
Presso la statua trecentesca della Madonna col Bambino

Note sulla raccolta:
Gli ex voto sono stati annotati, al momento della donazione, su opportuno registro.

Conservazione attuale:
Parte nel santuario, parte in parrocchia in un locale apposito (gli ex voto sono in buono stato)
I miracoli sono testimoniati dalla presenza degli ex voto.

La chiesa, già esistente nel X secolo, viene incorporata nella diocesi di Tortona insieme a Sant’Antonino nel 1192 e quindi aggregata alla pieve di Codevilla nel 1299. Il santuario subì diverse manomissioni nei secoli XIV e XIX.

La leggenda, tramandata da fonti orali raccolte da Michele Cuzzoni nelle sue ricerche storiche sul santuario, narra che nel VI secolo il nobile guerriero longobardo Azzo, alle dipendenze del signore di Mondandone, smarritosi durante una battuta di caccia nel bosco circostante, vide una Signora in vesti grigio-azzurrine, splendenti, che gli indicò la via d’uscita chiedendo in cambio l’erezione di una cappella nel luogo dell’apparizione. Il nobile signore si convertì e fece edificare una piccola edicola con l’immagine dell’Annunciazione. Da allora, nel luogo dell’apparizione, non nacque più nessuna pianta ad alto fusto per un raggio di cinquanta metri e sul pianoro (detto prato lungo) fu edificato e ampliato l’edificio attuale: Cuzzoni, Il rilievo dell’oratorio, 2000.
Leggenda delle due Madonne riportata da don Angelo Marini (diacono di Torrazza Coste): Marini, Torrazza Coste, tra racconti, 1949.



Ante 1000: edificazione del santuario.
1299: esistenza del Santuario, aggregato al XVIII distretto.
1523: aggregazione alla pieve di Luta (Codevilla).
1576: presenza nel santuario di un cappellano (romitto) residente.
1590: segnalazione di un altare laterale da sistemare.
1591: richiesta di chiusura delle finestre delle due cappelle laterali.
1602: viene nominato il battistero.
1625: il santuario passa sotto la giurisdizione della parrocchia di Torrazza Coste (San Carlo).
1760: viene collocata una nuova campana.
1766: cessa l’uso del battistero.
1790: presenza all’interno della chiesa di un unico altare.
1858: restauro integrale operato dal Marchese Negretto-Cambiaso.
1867: spianamento della piazzetta antistante il santuario.
1886-1888: restauri diversi al tetto e alle arcate.
1897: restauro del campanile.
1910: il santuario viene dichiarato monumento nazionale.
2000: inizio dei lavori di restauro e consolidamento.



Indulgenza giubilare (anno 1954 e 2000).
Il santuario dipendeva direttamente dalla parrocchia e il parroco aveva l’obbligo di celebrarvi tutti i sabati, le feste della Beata Vergine Maria eccetto quella della Purificazione.
Il santuario dipendeva direttamente dalla parrocchia di Sant’Antonino Martire di Torrazza Coste pur avendo un proprio sacerdote in esso residente. nel 1625 passò sotto la giurisdizione della parrocchia di San Carlo Borromeo di Torazze Costa.
Nel 1192 la chiesa passa sotto la diocesi di Tortona insieme alla parrocchia di Sant’Antonino e nel 1299 viene aggregata alla pieve di Codevilla (San Martino di Luta).
Il santuario era amministrato da sacerdoti secolari non sempre qui residenti.
Durante questo periodo, nel 1858, il patrono Conte Negrotto-Cambiaso trasforma radicalmente il santuario, modificando pesantemente il presbiterio e la navata. Le nuove strutture, tuttavia, a soli vent’anni dalla loro realizzazione sono bisognosi di urgenti restauri. Il patronato cessò nel 1956.
Tutti i beni della famiglia Giorgi-Barzizza passano ai Sartirana il cui patronato sul santuario durerà fino al 1829.
I primi feudatari del luogo ebbero diritti sull’edificio sacro e ne promossero un primo radicale intervento di restauro, ingrandimento e abbellimento, operato nel 1345 (o 1385: la data non è più leggibile e la notizia è riportata dal conte Sangiuliani nel 1890: Cavagna Sangiuliani, L’agro vogherese, 1890). A questo periodo risalgono i restauri dei pregevoli affreschi medievali del coro.


27050 Codevilla PV, Italy