Ubicazione originaria del Santuario: Inizialmente la raccolta di ex voto era conservata nel convento delle suore Stimmatine, nei pressi del santuario di Santa Lucia. Note sulla raccolta: Si tratta, per la maggior parte, di oggetti di oreficeria. Tipologia degli ex voto: Oggetti di oreficeria Conservazione attuale: A partire dal 1997 gli ex voto sono conservati presso una banca di Erchie, come attesta un documento redatto in triplice copia e custodito dal vescovo di Oria, mons. Marcello Semeraro, dalle suore Stimmatine e dal Rettore del Santuario, sac. Gianfranco Aquino.
Si tratta di testimonianze di miracolati in qualche caso ancora viventi. Esse sono conservate nell’Archivio del Santuario e nell’Archivio Diocesano (Carteggio di Santa Lucia).
Anticamente Hercle (antico nome di Erchie) era inserita nell’ager della foresta oritana in cui trovarono asilo, tra gli altri, anche monaci Basiliani transfughi, i quali, ove ne ebbero la possibilità, crearono siti religiosi in grotte e in luoghi adibiti in origine al culto pagano. Il culto di Santa Lucia fu introdotto dai monaci Basiliani, i quali, intorno all’anno Mille, costruirono la cripta seminterrata e la affrescarono. Verso la seconda metà del XIV secolo il casale di Erchie fu infeudato al barone Egidio de Fallosa che pro casalibus Ercle, Cellini, S. Viti, Ogiani et pheodum S. Stefani pagava 3 oncie, 31 tarii e mezzo. Negli ultimi anni del 1400 la Cappella fu abbandonata a causa delle continue scorrerie belliche tra Francesi e Spagnoli. Agli inizi del 1500 la Cappella, mentre riprendeva vita il casale, venne risistemata e continuò ad essere meta di pellegrinaggio; le offerte venivano incassate dal feudatario di turno, che, però, non provvide quasi mai alla manutenzione. Agli inizi del 1500 il re diminuì la sovvenzione per il casale di Erchie. In seguito, il casale, riabiliato, fu posseduto, col limitrofo Torre Santa Susanna, dal barone Ciccarello Montefuscolo. Nel 1519 si trova nuovamente del tutto spopolato per cui Carolus De Noia Vice Rex concessit Iohanni Antonio Montefuscolo potestatem ut reabitare faciat casale Erculanum in terra Idronti. Nel 1565 la Cappella fu nuovamente abbandonata e lasciata in uno stato di miseria, come attesta la Visita di mons. Carlo Bovio, che la trovò in uno stato disastroso e bisognosa di essere riparata. Negli anni successivi alla Visita di mons. Bovio, la chiesa rimase ancora nel totale abbandono, come testimonia la Visita pastorale di mons. Lucio Fornari, vescovo di Oria del 1603. La chiesa superiore (cappella seminterrata) di Santa Lucia fu trovata dappertutto indecorosa, minacciava di crollare e l’altare non aveva i paramenti necessari. Mons. Fornari, ritornato ad Oria, diede subito ordine che fosse messo riparo all’indecoro che regnava nella chiesa di Santa Lucia. I lavori furono terminati nel 1605, come testimonia la lapide che tuttora si vede nel tempio sottostante. Nel corso dei secoli, fino agli inizi del 1900, la chiesa subì diversi abbandoni. Esiste una leggenda orale legata al ritrovamento di una sorgente sotterranea: all’inizio del 1500 un pastore, durante un periodo di grande siccità, nel pascolare le sue mandrie, si accorse che la sua mucca si allontanava. Volle seguirla e la trovò mentre beveva in un anfratto, nel quale rinvenne anche l’immagine di Santa Lucia. L’acqua della sorgente si dimostrò subito miracolosa per le malattie degli occhi. Il quadro raffigurante Santa Lucia era stato collocato nella primitiva Cappella dai feudatari di Erchie; a causa di una delle inondazioni subite dalla cappella, ubicata nel punto più basso della zona, il quadro fu trasportato dalla corrente. In seguito al prodigioso rinvenimento fu edificato un altare sul quale fu posto il dipinto ritrovato. Una variante narra che i contadini notavano che gli animali domestici e quelli da lavoro, passando davanti ad una certa grotta, davano segni di inquietudine e tendevano a fermarsi nonostante le percosse. Un giorno un massaro volle andare in fondo alla cosa e seguì uno dei suoi buoi che, giunto davanti alla grotta, vi entrò, si diresse verso un’immagine e vi si inginocchiò davanti. Era l’immagine di Santa Lucia. Non appena la notizia si riseppe il popolo volle edificare su quel luogo una chiesa per onorare Santa Lucia. Secondo la tradizione, nell’XI secolo le reliquie di Santa Lucia furono traslate da Siracusa a Corfinio, piccolo paese dell’Abruzzo in provincia di L’Aquila, e poi a Metz in Francia. Altri asseriscono che furono portate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace. In seguito, nel 1204, quando i Crociati occuparono Costantinopoli, il Doge Enrico Dandolo, le portò a Venezia, dove, tuttora, riposano. La tradizione vorrebbe che i resti della Santa, durante le traslazioni, siano passati anche per il territorio di Erchie, nel quale viveva una comunità di monaci Basiliani, che, dopo aver venerato le reliquie, diffusero il culto della Santa nell’insediamento rupestre, che le aveva ospitate. I Basiliani adibirono l’anfratto a cappella, la intonacarono, dipinsero al centro un’immagine della vergine di Siracusa ed affrescarono le pareti con raffigurazioni, che, fino a qualche tempo fa, si intravedevano sotto figure eseguite più recentemente. Tra il 1804 e il 1836 fu ultimata la chiesa superiore. I lavori procedevano a rilento anche per mancanza di denaro. Il 1° novembre 1851 il sindaco Ferdinando Nicolì convocò il decurionato ed informò che solo con la vendita dei donativi di ori ed argenti esistenti nella chiesa di Santa Lucia si poteva ottenere il compimento di un Tempio di somma aspettativa di tutti i fedeli. Ottenuto il beneplacito del Vescovo mons. Margherita e l’autorizzazione Pontificia, col ricavato della vendita degli ori e argenti e con la ferma volontà del Comune, venne ultimata la chiesa superiore che, il 25 aprile 1865, fu inaugurata dal Vicario mons. Pasquale Maggio, alla presenza del sindaco Francesco Papa, dei consiglieri comunali, delle autorità militari e di una folla di Ercolani. Nei primi anni del 1953 gli Ercolani fecero pressanti richieste alla Curia di Oria affinché la chiesa di Santa Lucia fosse classificata come santuario diocesano. Tale fu dichiarato l’8 aprile 1853 da mons. Alberico Semeraro. Per quanto riguarda la diocesi di Oria, nel cui territorio insiste il santuario di Santa Lucia di Erchie, vi è la vexata quaestio se la sede vescovile di Brindisi si fosse in un certo periodo trasferita ad Oria per ragioni di sicurezza in seguito alle incursioni longobarde, saracene e ad altri eventi, o se la diocesi di Oria fosse indipendente da quella brindisina. Nell’XI secolo appaiono dei vescovi che si dicono arcivescovi di Oria, pur essendo ordinari di Brindisi. M. Monti ritiene che gli arcivescovi di Brindisi, avendo scelto Oria come dimora abituale, perché località più sicura tra le diverse diocesi da loro amministrate, firmavano i documenti come arcivescovi di Oria, pur essendo arcivescovi di Brindisi. Quando giunsero i Normanni in Puglia si impose la ricostruzione della città di Brindisi con il trasferimento in vetere civitate dei pochi cittadini da più di tre secoli accampati nell’entroterra. Quando Urbano II venne a Melfi per il sinodo del 1089, Goffredo, nipote di Roberto il Guiscardo, chiese al papa di recarsi a Brindisi per consacrarvi la Cattedrale e di restituire alla città il suo antico primato, facendovi tornare i vescovi che erano stati quasi sempre ad Oria. Urbano, tornato a Roma, scrisse all’arcivescovo Godino, ordinandogli di riportare la sua cattedra a Brindisi. Si sa, intanto, che l’arcivescovo Godino, forse anche costretto dagli Oritani, ma certo valutando i rischi che comportava il trasferimento in una città facilmente aggredibile dal mare ed in appena iniziata fase di costruzione, resistette agli ordini pontifici fino a che non fu esplicitamente minacciato di essere rimosso dalla carica. Dopo varie vicende Godino tornò a Brindisi, ma continuò ad intitolarsi arcivescovo di Oria e di Brindisi, mentre Oria restava nel titolo arcivescovile e spartiva con Brindisi l’area diocesana divenendo diocesi associata con i centri di appartenenza incerti se non esplicitamente dichiarati come facenti parte della Mensa Arcivescovile di Brindisi nei documenti amministrativi della curia romana. Contrasti e polemiche si protrassero per tutto il XII secolo fino al XIV, quando Paolo III, il 20 maggio 1545, respinse ancora una volta le richieste degli abitanti di Oria che insistettero per avere l’arcivescovo nella loro città. Gregorio XIV, con bolla del 10 maggio 1591, costituisce Oria come sede vescovile autonoma, libera dalla soggezione all’arcivescovo di Brindisi e quasi suffraganea dell’arcivescovo di Taranto. Nel 1942 si è scoperta l’esistenza del vescovo di Oria Magelpoto, longobardo di origine, come fa credere il nome inciso sul marmo che lo ricorda costruttore di una chiesa. Egli fu il primo vescovo che trasferì da Brindisi, quando la città fu occupata e distrutta dai Longobardi, la sede episcopale in Oria, dove i conquistatori si erano attestati contro i Bizantini con opere difensive, quale è il vallo delle Case grandi presso il santuario di San Cosimo. Fu determinata, quindi, dalla distruzione di Brindisi da parte dei Longobardi, avvenuta tra il 668 e il 677, l’istituzione in Oria di una sede episcopale come trasferimento di quella brindisina. La bolla di separazione delle due diocesi è dell’8 maggio 1591; ultimo arcivescovo che le governò unite fu Bernardino de Figueroa; il primo che governò la sola diocesi di Oria, che con la separazione divenne suffraganea della sede metropolitana di Taranto, fu Vincenzo Del Tufo. Il santuario di Santa Lucia è entrato di diritto tra gli edifici di culto dedicati a Santa Lucia; esso è inserito nelle cosiddette pirdunanzi (giorni di preghiera in cui si acquistano le indulgenze): il secondo giovedì dopo Pasqua e il 13 dicembre. Concessione dell’Indulgenza Giubilare dal 25 dicembre 1999 al 5 gennaio 2001. Con Decreto dell’8 aprile 1953 il vescovo di Oria, Mons. Alberico Semeraro, elevò la Chiesa di Santa Lucia alla dignità di santuario diocesano. Nel 1700 vi furono continue diatribe tra il Capitolo e l’Università di Erchie contro i vescovi di Oria per il possesso della Chiesa di Santa Lucia. L’Università fu perfino costretta a modificare il suo Stemma, aggiungendo all’Ercole che spezzava una colonna, una tazza con dentro due occhi, con intorno la scritta: Santa Lucia Ercularum. Dal 1980 collaborano alla cura spirituale del santuario le Suore Stimmatine. In base alla legge del 15 agosto 1867 la chiesa di santa Lucia divenne di proprietà del Comune, che, oltre a non pensare alla sua manutenzione, la adibì sino al 1920 a Seggio elettorale per i 780 elettori della I Sezione.
Via Giuseppe Grassi, 76, 72020 Erchie BR, Italy